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Furò e punteruolo: from leather with love

Con l’arrivo della bella stagione è piacevole passeggiare per Firenze alla scoperta di qualche laboratorio dove osservare gli artigiani a lavoro. Ahimè tra prodotti contraffatti e negozi di souvenirs è sempre più raro reperire gli autentici spazi della tradizione…ma chi cerca trova.

Al mercato di San Lorenzo e nei dintorni delle Cappelle Medicee è tutto un brulicare di bancarelle che vendono giacchette e borse di pelle.

Lungo via dell’Ariento si susseguono file di negozi  dove l’equilibrio delle architetture rinascimentali  cede il posto a vetrine orlate di cinture e pochette in vacchetta dai colori improbabili.

Ad ogni angolo si smercia pelle “made in everywhere” eccetto che in Italia e gli accessori esposti ormai non emanano nessun odore caratteristico, nessuna identità ma impregnano l’aria di un sinistro sentore di plastica.

La tradizione dell’autentica pelletteria fiorentina si eclissa dietro l’ennesima insegna “vera pelle” in cui sono stati smarriti i vertici dell’eccellenza, ma non del prezzo, più alto delle stelle.

In un dedalo di falsi originali, la speranza di incontrare i rappresentati superstiti di un mestiere più antico dei vicoli di Firenze  sta per subire una bruciante sconfitta, quando ci imbattiamo in “Furò e Punteruolo” al 29 rosso di  via del Giglio.

Il laboratorio è semplice e ordinato, luminosissimo e interamente dedicato alla bellezza naturale degli accessori in pelle. Gli arredi di legno riprendono il colore delle sacche da moto, delle tracolle e dei portafogli disposti sugli scaffali.

Al centro della stanza un tavolino ricoperto di attrezzi da lavoro: gli aghi, i punteruoli, le pinze, il filo cerato, il martello e il furò suggeriscono che quel posto esiste in virtù di mani esperte e strumenti all’opera. Ribadiscono anche che quel luogo non è fatto per assecondare mode passeggere né ospitare prodotti effimeri, ma per concepire capi longevi e  ricchi di storia.

Il fondo del locale è occupato da un tavolo più grande per sezionare la pelle secondo le forme delle matrici. Alle pareti attendono di essere aperte e lavorate le bobine di vacchetta conciata al vegetale.  Gli artefici di questa oasi del fatto a mano sono Paolo Fattori e sua moglie.

Paolo risponde a tutte le nostre domande, ad ogni ingenua curiosità. Ci racconta una storia a tratti poetica a tratti fuori dal tempo.  Parla di una passione che ha preso il sopravvento su una professione preesistente sostituendola,  senza pensare troppo alle conseguenze di lasciare un lavoro sicuro.

Questa passione non appartiene più solo a Paolo, ma a tutti gli oggetti che compongono il suo laboratorio: si respira nella scelta di materiali certificati e nelle tinte più classiche e raffinate; si avverte nello studio dei modelli e nelle cuciture curate nel dettaglio, nella più piccola fibbia e finitura.

Chiediamo a Paolo quale sia la parte più faticosa del suo lavoro: ci riflette un po’ e infine risponde “nessuna”. Da questa apparente assenza di sforzo, dal piacere di creare e di perfezionarsi nascono gli oggetti di Furò e Punteruolo,  uno più accurato dell’altro. Paolo fa un appunto sull’unicità delle tecniche e la strumentazione che usa, a partire dalle matrici, una sua personale invenzione.

Capiamo che non c’è niente di scontato in questo progetto, niente di approssimativo, bensì una profonda volontà di far rivivere e mostrare dal vivo a colore che lo desiderano i gesti e i rituali di un artigiano pellettiere.

Un esempio di umiltà che si declina in bellezza e tradizione da salvaguardare: assolutamente consigliata una visita.