Stia – Castel San Niccolò
Nel museo a cielo aperto del Casentino
Due anime, due materie tra loro contrapposte solcano la storia di Stia e di tutto il Casentino. Da un lato la lana e il rustico panno Casentino, dall’altro la coriacea essenza della pietra serena. La lavorazione di entrambe rispecchia una necessità scaturita dal territorio impervio e da semplici esigenze di sussistenza: è insomma una pratica radicata nel cuore dei suoi abitanti.
Come in un immenso presepio, pastori, tessitori, battilana e filatori hanno attraversato nei secoli i solitari spazi casentinesi, oltrepassando le pievi romaniche di Romena e Socana, il castello di Porciano ricoperto di edere, l’eremo di Camaldoli, il santuario della Verna, le gualchiere e le antiche tintorie. I paesaggi hanno assorbito il passo cadenzato, i gesti rituali dei suoi abitanti: lo consegnano intatto al viaggiatore moderno che desidera esplorare le cupole verdi dei monti e l’ineffabile seduzione di monumenti sacri, palazzi e casolari. La vita intesa nella sua genuinità è l’orgoglio degli artigiani locali. L’esuberanza non contraddistingue la loro ricerca artistica che spesso si svolge nella riservatezza.
Eppure la compostezza di statue, bassorilievi, caminetti, capitelli e architravi è il riflesso della mistica sapienza degli scalpellini e la consapevolezza di toccare, attraverso gesti calcolati, il vertice di essenzialità e purezza: in una parola, bellezza. Così accade per il panno Casentino: ruvido, impermeabile, resistentissimo e con il suo squillante colore arancio è riuscito a conquistare l’alta sartoria e a trasformarsi in cappotti da donna, giacche montgomery, blazer, mantelle con cappuccio.
E per completare il quadro: in un vecchio mulino ancora in funzione la farina di castagne saprà deliziare il vostro palato regalandovi il gusto della cucina tradizionale. Seguite la mappa della tradizione.